La Pasqua a Napoli è sicuramente una ottima occasione per assaggiare piatti tipici. Proviamo a mettere in ordine le idee facendo una carrellata delle pietanze legate alla tradizione.

Il Giovedì Santo a Napoli : Lo Struscio e la zuppa di cozze

Il nostro viaggio pasquale inizia il Giovedì Santo a Napoli seguendo questo ordine : Struscio a via Toledo, Santa Messa e Zuppa di Cozzeche. Lo struscio è una espressione tipica napoletana e sta a significare un particolare modo di camminare a passo lento e ravvicinato.Questo avveniva principalmente a via Toledo, essendo spesso affollata e per l’occasione si facesse tappa alle sette chiese per visitare i sepolcri.

La zuppa di cozze viene poi preparata per essere servita e consumata di giovedì. Si racconta che già Ferdinando di Borbone non potesse farne a meno. La zuppa può essere semplice con le cozze e crostini oppure completa con aggiunta di vongole e polipetti (o purpitiell). Mi raccomando che sia però extra-piccante con aggiunta de “o’Russ”.

Il pranzo di Pasqua a Napoli

Il momento tanto atteso si inizia con la Fellata ovvero una vera e propria antologia di salumi affettati accompagnati dall’immancabile mozzarella di bufala, uova sode e formaggi vari.

Alcune famiglie preparano come primo piatto la Minestra Maritata cioè un piatto dalle origini forse antiche romane dove carne e verdure si uniscono ( da questo si “maritano”) ma noi preferiamo la Crostata di taglioini al forno ( carne, piselli, mozzarella, besciamella infornata e gratinata).

Si prosegue poi con il secondo e la tradizione vuole che venga servito l’Agnello con piselli e patate ma il delizioso contorno che preferisco sono sicuramente le Mammarelle, ovvero i cariofi teneri imbottiti ed arrostiti.Alcune volte vengono serviti indorati e fritti ( pan grattato e uovo e poi fritti).

Il Casatiello, il re della tradizione pasquale a Napoli.

Le sue origini sono davvero antiche, in epoca greco romana sembra che si preparassero pani farciti con formaggio soprattutto ( deriva da “Caso” ovvero formaggio) e questa tradizione si a arrivata fino ad oggi.

Si tratta di un rustico realizzato con l’impasto del pane ben lievitato all’interno del quale si inserisce di tutto ( formaggio, cicoli, salumi, uova, pepe e sugna) e si guarnisce con uova intere. Si inserisce in una teglia che darà una forma circolare con un buco al centro, in modo tale da tagliarlo facilmente a spicchi.

La sua variante è il Tortano che però ha una aggiunta di uova sode all’interno e in entrambi casi ricordo che i miei nonni li mngiavano accompagnati dalle fave crude e buon vino rosso della casa.

La Pastiera : un patrimonio dell’Umanità

Tra i dolci pasquali che preferisco c’è sicuramente lei la inimitabile pastiera napoletana ed anche sulle origini di questo dolce ci sono tante versioni da raccontare.

La leggenda vuole che questo dolce tipico fosse legata alla Sirena Partenope. Si racconta che in primavera riemergeva dal mare per salutare i napoletani desiderosi di ascoltare il suo canto. Per ringraziarla gli abitanti incaricarono sette tra le più belle fanciulle dei villaggi di regalarle alcuni ingredienti. Si trattava di farina, ricotta, uova, grano tenero, acqua di fiori d’arancio, spezie e zucchero. La sirena, felice di questi doni ritornò in fondo al mare li consegnò agli Dei che mescolando insieme li trasformò nella prima Pastiera napoletana.

La tradizione legata alla pastiera napoletana vuole che nasca intorno al 1600 nel famoso convento di San Gregorio Armeno nel centro storico di Napoli. Si narra che una suora volle realizzare un dolce che dolce che simboleggiasse la Resurrezione unendo ingredienti come uova, ricotta e grano alle spezie ed il profumo dei fiori d’arancio del giardino del convento. Questi dolci, morbidi e aromatizzati venivano venduti alle famiglie aristocratiche della città

Un piccolo aneddoto ricorda che Maria Teresa d’Austria che non brillava in simpatia dopo aver assaggiato una fetta di pastiera non potè fare a meno di sorridere e da lì l’espressione che usiamo ancora oggi ” Magnatell n’ emozione” nei confronti di persone tristi o lamentose.

Infine ci sono i taralli dolci afragolesi che si preparano con la pasta frolla avanzata della pastiera. Hanno una forma a cimabella e sono friabili perchè nell’impasto si usa la sugna del maiale che li mantiene morbidi. Per la lievitazione si usa un composto che prende il nome di cartella a base di bicarbonato.

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